BUON NATALE UN CAZZO. APPUNTI PER UN ROMANZO.

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Ho smesso due anni fa di festeggiare il Natale, una festa che tra l’altro, in quanto non credente, mi appartiene anche ben poco ma vabbé non ne ho mai festeggiato il senso cristiano in realtà, non so nemmeno cosa ho festeggiato per ventinove anni, forse più la forma che la sostanza. Non volevo parlare di questo comunque quanto del fatto che è già comunque di per sé un periodo un po’ così, e con le cosiddette “feste” si acuisce la mia sociopatia e la mia voglia smodata di alcol, molto alcol. L’unica concessione che ho fatto al Natale sono le lucine attorcigliate lungo il corrimano delle scale. E non è escluso che ce le lasci per sempre.
Il Natale mi mette voglia di orrore, ho bisogno d’avvertire quasi fisicamente l’orrore di questo mondo che s’imbelletta di lucine lampeggianti, fiocchi, addobbi e altre sciocchezze simili ma che al di sotto di esse conserva intatta tutta la sua immonda parvenza. E quindi tutto ciò che mi metta in stretto contatto con il terrore dell’universo è ben accetto (American Horror Story, Chambers e Lovecraft e anche Updike si, perché no); le Patience & Prudence in sottofondo con le loro voci angeliche così America anni ’50 a perfetta sottolineatura del precedentemente già menzionato stridente contrasto. E siccome non sono in vena di festeggiare proprio un bel nulla qualche giorno fa ho preso la ferma e convinta decisione di trascorrere l’ultima notte dell’anno seduta a questa scrivania a principiare un romanzo che sarà IL Romanzo. Un altro figlio di carta, forse il più importante, articolato, maturo. Stapperò l’Amarone che tanto credo non si meriti nessuno se non esclusivamente la sottoscritta, mangerò un piatto di lenticchie (ma non per le sciocche credenze superstiziose quanto proprio perché le adoro) e accenderò molte candele che pare in gran numero facciano davvero calore. Naturalmente non ho uno straccio d’idea su cosa scrivere, no non è esatto, in realtà ho molte idee ma ciò che manca è un collegamento organico, un impianto narrativo solido e che faccia da fondamenta. Non mi preoccupo comunque più di tanto, vorrei darmi fiducia, che poi le idee arrivano anche in corso d’opera, l’importante è cominciare, ho già in mente un sacco di elementi che si affastellano intorno al mio encefalo come falene intorno ad una lampadina nelle sere d’estate. Vorrei che fosse una grande opera, un romanzo con i controcazzi, vorrei fosse Letteratura perché non mi accontento, non mi sono mai accontentata della narrativa, la narrativa è un palliativo, la Letteratura richiede fatica, sudore, dolore, un’intensa sofferenza interiore che innalzi verso una verticale di luce purissima, vorrei appartenesse ad un altro tempo storico con un che di fiabesco e di terrifico, che raccontasse l’orrore del mondo sotto quel suo belletto falso di lucine lampeggianti e bugie. Vorrei ci fosse del terrorismo, di quello brigatista anni ’70 e molta poesia. Vorrei raccontasse i meccanismi del tempo e della memoria. Ci saranno Proust, l’amianto, i tatuaggi e le bombe. Ci sarà il chieso in cui dimoro, un juboxe che manda in ripetizione sempre la solita canzone, ci sarà un bambino autistico e pentacoli rovesciati disegnati sui muri. Ci sarà una tela di Adolf Hitler. Ci sarà una giovane donna dai lunghissimi capelli rossi sempre vestita di nero che alleva pipistrelli e una sempre vestita di bianco che vive rinchiusa nella sua camera. Ci sarà il personaggio maschile della mia foto profilo su facebook al quale urge che io trovi un nome, che indossa sempre una specie di maschera di stoffa vagamente somigliante a quelle antigas della Prima Guerra Mondiale, un cilindro e un cappotto lungo nero doppiopetto dalle capienti tasche dove tiene sempre una copia del Necronomicon e una del Re Giallo e che dovrà sicuramente essere un amante del pastis bevuto in calici di cristallo dalle pregevolissime fatture. Ho queste e molte altre idee allo stato larvale che mi nascono di continuo in testa. Quello che devo fare è trovare un filo logico, una trama che colleghi tutto ciò e soprattutto un incipit bomba, che tanto dipende sempre quasi tutto dagli incipit, questo si sa. In realtà non mi sorprenderei se iniziassi già in questi giorni a scrivere visto che davanti alle lettere della tastiera mi sento sempre molto meglio che di fronte ad altri esseri umani verso i quali il più delle volte sono deprimentemente a disagio , e poi sono depressa e questo è il mio modo di curarmi, rifugiarmi in questa dimensione accessibile solo a me, si fotta il Natale, si fottano le feste, Gesù bambino, il Capodanno e i suoi odiosi botti, si fotta la voglia di far festa e l’orribile belletto con cui il mondo s’impiastriccia la faccia in questi giorni, resta e resterà sempre orribile. Io, nel mio chieso, con la musica altissima stappo l’Amarone che tanto non si merita nessun altro se non la sottoscritta, che ha le spalle larghe e due controcoglioni che in molti dovrebbero invidiarle, e scrivo di Letteratura, scriverò il mio Romanzo, il mio bambino di carta che diverrà grande, immenso, magnifico.
Perché come tutte le madri che sognano un avvenire di gloria per la propria progenie, in questo io non faccio certamente eccezione.

TUTTO BENE A PARTE LA VITA

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Un uomo si sveglia la mattina e viene arrestato. Non gli viene rivelato il capo d’imputazione e non gli sarà rivelato mai per tutta la durata del processo. Una roba da romanzo dell’assurdo cecoslovacco anni ’20. Non crediatelo. Tale situazione kafkiana si può presentare in ogni momento nelle nostre vite, le circostanze sono per lo più affidate a ipotesi, congetture, fatti meditati dagli altri sulla nostra persona. Ok, sicuramente c’entriamo di mezzo anche noi, ma non in maniera così diretta, non nel senso di causa-effetto classico che si potrebbe pensare insomma. Il nostro personale errore sta quasi sempre a monte e diventa piccolo piccolo e lontano man mano che la valanga scende a valle e si carica sempre più di ulteriore materia che ingigantisce e deforma i fatti come una lente d’ingrandimento deviata. Ecco, stamattina ho sperimentato questa situazione letteraria sulla mia pelle. Non perché mi abbiano arrestata, l’arresto forse sarebbe stato meno incredibile, ma perché ho passato l’intera giornata cercando di difendermi, oltreché di capire di che cazzo mi si accusasse. Perché naturalmente ho chiesto, ma non mi è stato dato di saperlo, nessuna spiegazione, così, una roba dell’assurdo e via. Guardate che non è facile difendersi da non si sa che accusa. Per la verità un’accusa generica è stata mossa ma non è stato definito il fatto, né nessuna prova è stata addotta, probabilmente per via che il fatto non sussiste. Ma che ci stai dicendo? Direte voi. Va bé, non devono importarvi i dettagli né l’identità dell’altro. E’ una questione di riservatezza, del resto la prima regola del fight club è che non si parla del fight club (era su rai movie ieri sera, che si sia stati in più d’uno ad averlo ri-visto? Polessé).       La cosa che deve importare è la riflessione amara che scaturisce da queste vicende paradossali e assurde (lo so, l’ho già detto troppe volte “assurdo” ma in effetti nessun vocabolo descrive meglio) per cui si sa con certezza di essere nel giusto, si è certi della propria rettitudine e si andrebbe sul rogo pur di difenderla, ma possiamo e dobbiamo esser giusti con chi non lo è con noi? Con chi muove accuse un po’ a caso, accuse fantasma delle quali si chiedono spiegazioni che puntualmente vengono negate? Probabilmente non sarei un bravo avvocato, nemmeno di me stessa; son sempre solita confessare i miei sbagli e le mie mancanze, anzi sono la prima ad ammetterlo, non ho problemi a definirmi come un essere umano finito e fallace. Se mi ostino a difendere la mia innocenza è perchè so di essere innocente, solidarietà piena e totale a Josef K. in questo, ma non potete sapere (o forse si) quanto è difficile difendersi contro un muro di gomma e ostilità. E quanto gli abusi di potere mi stiano fortemente sul cazzo. Mi rendo conto di essere tornata nuovamente sul tema della giustizia. Che forse dovremmo più appropiatamente chiamare ingiustizia, tanto è lontana da chi è effettivamente nel giusto, lontana come la cima della montagna da cui si è staccata la valanga che arriverà a valle schiantando tutto ciò che incontra nel suo cammino (ad esempio il fu radiatore della mia macchina). Ma del resto, come dicevo tempo fa, il concetto di giustizia è artefatto, umano troppo umano, presuppone la figura del giudice, un uomo che si erge al di sopra degli altri e giudica, quanto di più odioso e non venitemi a dire che incarna la legge, perché potrei ribattere E CHI CAZZO LE FA LE LEGGI? Borda, risiamo al punto iniziale, la giustizia, una giustizia deontologicamente fondata, può esistere? O è forse un concetto un po’ tantino relativo? E chi ha detto che ciò che è bene per te sia bene anche per me? Ed ecco un altro concetto del cazzo, anzi altri due. Il bene e il male. Lo sapete no, che in natura tali assurdità non esistono? Sono nati con gli uomini, più precisamente con le leggi, quanto vi piace appellarvi alle leggi, anche se son quanto di più deleterio ci possa essere. E si, dunque stasera ho questa deriva anarchica, e chissà forse anche un po’ brigatista, certe cose te le fanno davvero rimpiangere molto le BR, del resto SIAMO TUTTI POSSEDUTI DALLO STATO. Siamo posseduti mentalmente, siamo divinità create a nostra immagine e somiglianza da una grande masturbazione mentale collettiva. Siamo inappellabili e non dobbiamo spiegazioni a nessuno, siamo la bianca sborra che cola sul mondo specchiante l’immagine di un dio segaiolo che si trastulla tra un post su facebook e l’ultima puntata della serie di tendenza da guardare, commentare per poi finire tutti quanti a parlare nello stesso modo, omologati, robotini con uno smartphone incapsulato, saldato direttamente nella mano. E forse è questa la prigione, l’impasse incredibile, la metafora dell’arresto, questo solipsismo cosmico che ci pervade e ci allontana sempre più gli uni dagli altri, feroci mostri a più teste desiderosi di sbranarsi l’uno con l’altro, facendoci credere esseri sovraumani quando poi magari sbagliamo anche la più elementare grammatica del più elementare messaggio di whatsapp.

Sono digiuna da tutto il giorno perché il nervoso mi ha contratto i muscoli dell’apparato digerente. Quando ho un grande dispiacere, succede sempre. Mi rattrappisco. Non mangio. Mi fisso sul problema in questione in modo compulsivo, vorrei non farlo ma non riesco, sono autistica anche in questo, la testa si svuota, viene occupata soltanto da quel ringhio imbizzarrito che sibilando prende la forma di un nero sudario che riveste di precisione tutto l’encefalo. Come vorrei che da una parte mi entrasse e dall’altra mi uscisse. Ma non accade mai, mai, mai, mai e poi ancora cazzo mai. E per questo non mangio, e per questo parlo da sola, e per questo son distratta e faccio incidenti per la strada spaccando mezza macchina per concludere degnamente di merda una giornata sontuosamente di merda.

E’ una città del cazzo, abitata da gente del cazzo questa. Di tutta la verità, diceva Emily Dickinson, ma dilla obliqua. Ecco, stasera ho voluto seguire il suo consiglio con questo pubblico J’ACCUSE! e tutto avrei pensato, tranne che cominciare la mia vita in questo splendore di dimora scrivendo di una tristezza così grande come quella che mi pervade stasera e che se adesso qualcuno mi chiedesse come va? risponderei senz’ombra di dubbio TUTTO BENE GRAZIE, A PARTE LA VITA. Ma forse, è così che deve andare. Si però, che cazzo, dioserpente.

ATTO DI FEDE CAPOVOLTA

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E’ domenica sera di quasi inverno io sono già nel letto da almeno un’ora e mezza infilata in un pigiama nuovo di raso nero la televisione è sintonizzata su un film che non sto guardando e come al solito ci vorrebbe un uomo al cui corpo abbarbicarmi ma non solo per sesso eh amici avrei davvero bisogno di un corpo maschile grande che mi contenga che mi tenga dentro un abbraccio in un respiro sul quale potermi sincronizzare diocristo è possibile avere sempre un così disperante bisogno ciclico di amore e non essere mai ricambiata no dico è possibile? Va bè cambiamo discorso che ho una terribile voglia di ascoltare Trasmission dei Joy Division e infatti ora apro spotify e la metto. Ecco l’ho messa. Perché cazzo tutti i cavi mi si stanno sfaldando in questi giorni? C’ho fatto caso e ho notato che mi stanno tutti abbandonando. Il cavo dell’iphone il cavo del pc e anche il cavo con cui collego il telefono alla radio in macchina per sentire la musica. Tutti oh. Che c’avranno poi contro di me questi cavi proprio non lo so non capisco il motivo di tale insurrezione ingloriosa una ribellione contro la mia persona un ammutinamento generale che mi lascia quantomeno perplessa. Forse è una metafora di qualcosa non so tipo della mia vita adesso e potrebbe significare tante cose su vari piani simbolici sono qui che mi ci arrovello da un po’ in alternanza a fantasie sessuali da compiere a breve nel chiesino e una voglia di piangere incommensurabile che mi attanaglia già da qualche settimana ma che ne volete sapere voi quanto è angusta la mia mente schizofrenica di quanto a volte manchi terribilmente l’aria. E’ sconfinata la gamma di pensieri che può partorire ma al contempo è anche così stretta tipo una cella monacale. In questo post ho deciso di abdicare alle virgole mi stanno sul cazzo non ce le voglio mettere peggio per voi che dovete leggere io adesso mi sono incapricciata di far così. Mammamia che giornate difficili che sono quasi mi resto sul cazzo da sola ma non si può dar sempre la colpa alla sindrome premestruale e trall’altro venissero queste maledette che è tre giorni che sto di merda ma quelle niente se la tirano fanno le preziose dicevo che comunque non si può sempre dare la colpa di tutto agli ormoni datela più volentieri alla mia mente pensante e che non crede a nulla almeno così dicono. Non crede in nessun principio divino creatore dell’esistenza in nessuna intelligenza superiore ordinatrice dell’universo non crede nell’anima soprattutto non in quella gemella non crede nella resurrezione dei corpi non crede alle religioni e a nessun clero non crede al Karma non crede all’astrologia e agli oroscopi (li impiccherei tutti quelli che fanno gli oroscopi) non crede a entità metafisiche né benigne né maligne non crede nell’amore che crede nei persempre e spesso non crede proustianamente nemmeno nell’amicizia. Non crede nella giustizia che è poi un concetto umano troppo umano ma poi caro Friedrich cazzo vorrà mai dire umano TROPPO umano? e non sapete quanto in questi giorni la questione mi abbia lacerata profondamente cosa cazzo è davvero la giustizia può esistere davvero deontologicamente tale concetto? In generale non credo nemmeno e soprattutto nella presunta e supposta bontà del genere umano che mi sembra proprio una minchiata grossa come un palazzo di trenta piani perché si sa che l’essere umano è costruito sulle basi di un gene egoista e se lo negate siete solo sciocchi illusi e lo so quest’atto di fede capovolta vi sembrerà bandiera di un nichilismo totale e senza scampo ma vi sbagliate perché io in realtà credo in tante altre cose credo prima di tutto nell’Arte e si prenda il concetto di Arte come complesso tutto dell’espressività creatrice umana credo nella scienza e nello spirito critico credo negli atomi e nelle molecole che formano il mondo credo nell’Universo e nella sua bellezza terrifica e sconfinata credo nelle bestie soprattutto in loro credo e vorrei fortemente credere anche nella natura se non fosse ormai così corrotta e contaminata dalla mano dell’uomo insomma volete mettere la bellezza delle montagne ma anche la bellezza delle città che non dormono mai tipo Taipei o anche la bellezza del mio letto? Ecco io ci credo in queste cose come nel fatto che prima o poi aprirò la mia bottiglia di Sassicaia e credo nella poesia del pastis e a volte sarei tentata di credere anche alle BR ma più di tutto io credo nella Letteratura. Ci credo tantissimo ed è l’unica cosa al mondo della quale ho una visione e una concezione quasi religiosa. Quindi vedete che alla fine credo in un sacco di cose e così tanto nichilista poi non sono d’accordo ho standard lievemente diversi da quelli comuni ma del resto tra dieci-quindici giorni andrò ad abitare in una ex chiesa dove per inciso spero di barricarmidentro e scrivere tantissimo che ne ho un bisogno epiteliale e poi insomma in una tale location come non farlo? E credo si che si debba essere un po’ fuori le righe per andare a stare in un posto del genere non tutti potrebbero farcela ci vuole una mente convenientemente schizofrenica capace di partorire alate creature mostri a più teste dotati di un ligneo candore aventi la consona distanza atta a sbranarsi vicendevolemnte mostri dalle sanguigne fauci salivanti una mente angusta dove spesso manca l’aria e la luce una mente affaticata dal continuo arrovellio falcidiante una mente che è sempre così terribilmente vicina alla morte una mente ferita in più punti una mente da disinfettare una mente che avrebbe bisogno ogni tanto anche lei di pensarsi avvinta ad un maschile corpo e al suo ritmico pulsare in queste domeniche sere di quasi inverno in cui a letto nel suo nuovo pigiama nero di raso ascolta i Joy Division e pensa a come è bello uscirsene da sola la notte e andare per locali a sentirsi live pazzeschi senza doversi necessariamente relazionare con nessuno e guidare su autostrade buie che si srotolano sotto le ruote della
macchina come nastri TDK marroni e all’urgenza di scrivere buttando giù i pensieri in maniera sincopata tanto da abolire quasi del tutto la punteggiatura. Ecco la mia mente pensa tutto questo e pensa che nonostante tutta l’infelicità che sento nell’esistere questo ritratto strappato che non invecchia al posto mio mi è uscito davvero un bel pezzo stasera. E dunque buonanotte. Sulle note forse non a caso di Love Will Tear Us Apart adesso in riproduzione.

THIS IS NOT A LOVE SONG

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E quindi è successo che mi sia sognata che compravo sigarette, cioccolata e una bottiglia di pastis ad un minimarket e che il commesso era pazzo di me e per questo mi faceva spendere solo tre euro, e adesso naturalmente ho voglia di queste cose, in particolare di pastis, ucciderei per una bottiglia di pastis da stringere a me, qui supina nel letto, bloccata da una fastidiosa tallonite e dalla pioggia che cade fitta e leggera fuori che quasi si confà a questa mia insofferenza di oggi, un’isola nera che si erge spettrale in un panorama piuttosto bizzarro, fatto di fissazioni verso i dialoghi autistici della nuova follia dell’internet DELEDY (droga allo stato puro, non se ne esce), scopate varie, presobenismo da trasloco imminente, niente oggi non c’è niente che mi tiri su, è una di quelle giornate in cui per fortuna posso stare a letto, protetta dalle coperte a sprofondare nelle mie paranoie schizofreniche, in cui soltanto una bottiglia di pastis a cui abbarbicarmi sarebbe tranquillizzante e anestetizzante, ma temo di dover aspettare almeno stasera per perdermi nello speziato abbraccio inconsapevole dell’anice. Oggi è una di quelle giornate in cui vorrei comporre poesia e non ci riesco perché fondamentalmente oggi non sono in grado, sarei straziante, non voglio esserlo, non sarei contenta, già lo sono poco di quello che sto scrivendo, non so, sono piuttosto disorientata, ho voglia di scrivere ma mi accorgo di avere un sacco di paletti, di non poter toccare un sacco di argomenti e allora cosa mi rimane se non desiderare ardentemente una bottiglia di pastis mentre appendo qualche sporadica lacrima ad un cuscino sudato e ascolto i Lucertulas che domani vedrò e la loro A Good Father e lo so io perché, proprio questa e proprio oggi, dà voce potente alla mancanza, disegna i contorni sbiaditi di quell’isola nera che si erge spettrale in mezzo a questo niente in cui rido e mi diverto come una pazza, la vacuità dei sensi e lo so ho scritto poco, quasi niente, forse anche male ma questo è, di più oggi non riesco anche se vorrei, anzi è già tanto che non cancelli tutto quanto, una bella riga nera tirata sopra tutte queste sciocchezze ma tu oggi avresti avuto 68 anni ed io forse stasera sarei venuta a casa portandoti un regalo, uno qualsiasi, t’avrei baciato sui capelli sempre più bianchi, mangiato una fetta di meringata e poi scappata via che qualcosa o qualcuno m’avrebbe atteso per questo vorrei tirare una bella riga nera sopra tutto ciò, perché non avverrà, non avverrà mai più e io stasera correrrò solo verso una bottiglia di pastis da abbracciare irrorando fiori ben posizionati nei bicchieri che sotto quel giallo flusso s’aprirebbero come i miei alveoli polmonari che in questo momento devono prendere molta aria per sopportare questa giornata.

E lo sapevo, alla fine sono riuscita ad essere straziante anche se non volevo, diocane.

 

Di Sangue, Di Presobenismo e D’Altre Sciocchezze

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C’è del presobenismo stasera nell’aria cosa assai inspiegabile per la sottoscritta anche perché ieri mi sono venute le mestruazioni così, a cazzo di cane, un fulmine a ciel sereno, senza preavviso, una menata di cazzo indicibile eppure non sono per niente nervosa anzi, lo ripeto, c’è del presobenismo, nonostante male al ventre, alle reni, rincoglionimento generale, sinusite cronica; sono entusiasta infatti per diverse situazioni esistenziali che mi si stanno dischiudendo davanti, prima di tutte quella abitativa di cui però al momento non voglio annunciare niente, non tanto per scaramanzia quanto perché quando sarà certa sarà una bomba atomica e basta cazzo ho già detto troppo; comunque, dicevo, sono stata contattata da diverse persone tra le più disparate in questo periodo per collaborazioni, consulti, performance, insomma tante cosine legate alle competenze e ai miei saper fare, e se vi sembra poco cari miei, no dico, se vi sembra poco, allora non capite un cazzo; c’è del fermento anche in ambito teatrale, con diversi progettini in ponte; a Fistoia esco pochissimo, migro sempre verso altri lidi per cene, bevute e soprattutto concerti che mi vado a vedere parecchio volentieri, spesso anche da sola e non so se volete mettere la bellezza e la comodità di uscire andare nei posti e non conoscere nessuno, nel migliore dei casi fai nuove amicizie, nel peggiore non sei obbligato a interagire con nessuno che poi diciamocelo, guardare un concerto è un po’ come andare al cinema, nelle pause e alla fine forse ti annoi un po’ ma durante essere soli secondo me è il massimo della perfezione, per me poi, l’antisociale incarnata e incallita per eccellenza; la cosa bella tra l’altro è che sto scoprendo un sacco di musica, soprattutto indipendente e ciò è meraviglioso. Ecco, mi sembra che tante cose stiano andando come devono andare, e voi vi chiederete che cazzo ci sia di speciale in tutto ciò da doverci addirittura scrivere sopra, ma ecco ho diverse ragioni e adesso andrò ad illustrarvele perché mi paiono tutte assai importanti. Anzitutto il fatto che venivo da settimane veramente di merda, ma credetemi, una concentrazione di sfiga (anche se non credo al concetto di sfiga) da non capacitarsene, e addirittura avevo iniziato a scrivere un pezzo una sera bloccata in superstrada da un incidente, un pezzo su quanto fossi giù, triste, depressa, arrabbiata, frustrata, stanca di patire e basta, ma poi alla fine la fila ripartì e io non scrissi più niente e nemmeno dopo son riuscita a farlo, fatto questo assai strano, e qui sta l’altra motivazione, poiché io ho sempre creduto che per scrivere, cioè per farmi scattare la molla dell’ispirazione e del flusso creativo, condizione imprescindibile fosse quella della sofferenza, parecchia sofferenza, e invece nelle scorse settimane non sono riuscita a scrivere pressoché niente e invece stasera, sull’onda del presobenismo lo sto facendo di getto e d’entusiasmo, minchia chi lo avrebbe mai detto. E soprattutto perché devo celebrare questa cosa, gioire e godere delle cose belle che mi capitano perché lo sapete, io son quella del MAI UNA GIOIA sempre in agguato, perché la vita è uno schifo, si è un vero schifo, posso ben dirlo, anzi potrei ulularlo alla luna piena precipitante dentro le nere bocche dell’orizzonte, e perciò quando ti accade qualcosa di positivo bisogna riceverlo con grande entusiasmo, che tanto si sa, non dura, non dura mai niente su questo cazzo di pianeta, e non so tutta questa positività improvvisa destabilizza anche me stessa, mi disorienta alquanto, ma che volete, stasera son presa così e vi giuro non ho preso nessuna droga, sopportatemi, tanto anche questo presobenismo non dura, non temete. E alla fine forse proprio qui sta il bello dell’esistenza, oddio no, forse “IL BELLO DELL’ESISTENZA” è un’espressione terrificante, odiosa a dir poco quasi quanto ANGELI DEL FANGO, diciamo piuttosto l’aspetto movimentato e dinamico, l’alternanza di sofferenze e gioie, entusiasmi e dolori (CHIUNQUE TU SIA, ESCI DA QUESTO CORPO SUBITO!) che decisamente allenta la monotonia, la noia disgregante che ti riduce come corpo morto che cade. Ma ripeto, non c’è da disperarsi, mi passa al sicuro, scritto in cielo. Come l’altro giorno quando mi svegliai e avevo voglia di innamorarmi, ecco tranquilli, una cosa che mi passò in serata, un paio di birre, un po’ di metal mixato con vecchie canzoni retrò e patriottiche  e dell’ottimo thc, la ricetta per far passare qualsiasi sentimentalismo nell’aere, e infatti ad esempio stanotte ho sognato l’ebola, sarà che mi dovevo tatuare il dottore della peste oggi, avrò fatto l’associazione di idee, non so, tanto per non dormire mai sogni tranquilli perché ecco mi saliva una leggera ansia in quel sogno, del resto si sa, l’ebola è la nuova aiz e quindi va bene il presobenismo ma pur sempre con dei limiti strutturali, insomma conserviamo l’hype dell’ansia deep inside us. Detto questo vorrei passare così ad alcuni ringraziamenti contingenti in ordine sparso:

A Luca che forse renderà possibile un miracolo, a Monica che mi vuole nel suo locale a declamare, a Gianluca che mi vuole per i testi, a Svart che mi voleva a leggere Proust alle sue bambine, a Linda che è l’amore immenso della mia vita, alla mia mamma, a Gigi che oggi mi ha fatto l’ennesimo tatuaggio stupendo, a chi mi manda foto di gag sul nazismo e bestemmie, a chi tutte le mattine mi scrive un buongiorno signorì, a Giada che mancano 164 giorni alla fine, a Jacopo e al suo cervello maschile che forse un giorno mi parlerà con delle parole vere, a Luca e ai suoi gianduiotti, a Marco per tutte le volte che mi da buca a ogni cena che si fissa, a Daniele e i nostri caffé, a Lulù per esistere e amarmi smisuratamente sopra ogni cosa e a Francesco perché la nostra chiaccherata di stasera mi ha ispirato a scrivere questo.

NOIA MORALE

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Seguo una dieta rigida a base di hardcore e letteratura francese, del resto sono giorni in cui mi rimane poco altro spazio e tempo per differenti attività che non siano autismo, ansia da cartellino, raccolta di matasse di pelo dal pavimento anche tre volte al giorno, il tutto sostentato da copiosissime dosi di caffeina e vodka nel fine settimana, ah la vodka, da sempre una delle mie migliori amiche, non trovate che sia meravigliosa la vodka? A volte ha la forma di braccia che ti stringono raccogliendoti da terra, braccia innalzanti verso un orizzonte chiamato bellezza, più spesso quella di un mostro bicefalo dotato della consona distanza per sbranarsi vicendevolmente mentre la mia testolina ubriaca si trova proprio nel mezzo, al centro perfetto di questo distico alcolico e del suo sincronico latrare dilatato tra le orecchie. L’immaginazione si accende, fibrilla, avvampa come una nuvola rossa bagnata di stille, l’immaginazione prepotente s’incurva sfidando serigrafie e calembour che posto sull’internet sperando di prendere molti like, perché questo è quello che sperano tutti nell’epoca abietta del 2.0, come se i like potessero salvarti dalla noia in cui sei immersa, come se fossero un mix letale di acqua santa e Lexotan da sorseggiare immersa in una vasca d’acqua solforosa bollente guardando il tramonto tinteggiare d’arancio e rosa fluo il cielo sopra il Chianti. La noia si, la noia è soprattutto quello che avverto, e come potrai mai annoiarti divisa così tra capacità mnemoniche teatrali da allenare e Quiz Aspie da compilare per capire quanto in realtà il mio lavoro mi doni decisamente a pennello? Mi sembra già di sentire qualcuno avanzare tale quesito cretino. Eh si però, purtroppo mi annoio, le persone mi annoiano, le donne sono quelle che mi annoiano più di tutti, vorrei avere un cervello maschile e forse in buona parte già lo posseggo ma non abbastanza, dio quanto è affascinante la teoria del cervello prevalentemente maschile, non la conoscete? Andatevela a leggere, cristo non posso starvi a raccontare qua tutto io. Vorrei essere un maschio, dicevo, e questo già lo sappiamo largamente, ma insomma mi potrei anche ampiamente accontentare della compagnia maschile, la compagnia maschile è eccezionale, non ci si annoia quasi mai, e io sono fondamentalmente un’invidiosa e questa è una caratteristica precipua del sesso sciagurato a cui purtroppo appartengo e dunque per questo circolo vizioso e viziato mi odio ma non potrei essere altrimenti che invidiosa di qualcosa che bramo così tanto ma che sfortunatamente non sarò mai. La mia vita scorrerà sempre così strappata, del resto amo un uomo che non potrò mai più avere e solo ora che lo scrivo mi rendo conto di quanto gli uomini che non potrò mai più avere in realtà siano due, non uno soltanto come scioccamente pensavo fino a cinque secondi fa. Ci ho fatto il callo allo squartamento, all’inconveniente di esser nata come direbbe il caro Emilé, alla tensione perenne e perpetua che mi provoca il non-essere, è forse per questo che sono così annoiata, avrei dovuto non abituarmi mai a questa condizione, avrei dovuto essere sempre prolificamente lacerata; la noia non è una condizione contingente, legata all’assenza di accadimenti, alla ripetizione quasi stereotipata di gesti, consuetudini e routine di per sé anche rassicuranti, la noia è la condizione esistenziale di un organismo costretto in continuazione a vivere la contraddizione dell’essere al mondo e pur non aderendovi dovervicisi per forza abituare. La noia è l’idea di rivoluzione allo stato larvale a cui manca il compimento dell’azione, scagliare una molotov ad esempio. E quindi si, tutto mi annoia, questa casa mi annoia, la sveglia mi annoia, timbrare il maledetto cazzo di cartellino mi annoia, attraversare giornate quasi incoscienti nella ripetizione di gesti fino ad arrivare quasi senza accorgersene a sera mi annoia, gli esseri umani mi annoiano, la maggior parte di loro sicuramente, le donne mi annoiano più di tutti, i loro discorsi sciocchi e banali, e in quanto ai loro discorsi seri, figuriamoci, mi annoiano ancora di più. Le ricorrenze mi annoiano, la tv, internet, i locali, le stagioni, i rapporti umani, tutto. Tutto di un’assoluta noia mortale. E sono così tanto annoiata che è difficile anche scrivere qualcosa che non procuri TE DI OOO domenicale quanta droga consumare, ecco quindi che la letteratura francese, per me la sola, vera, autentica letteratura possibile e la musica del demonio, tanto rock e al solito pochissimo roll, mi vengono in aiuto riempiendo interstizi di spazio e tempo che rubo scaltra all’autismo, al timbrare il cazzo di cartellino e al raccogliere matasse di pelo dal pavimento anche fino a tre volte il giorno, tutti i giorni.

E come al solito sono arrivata in fondo e non so mai come terminare, penso sempre che mi dovrebbe venire in mente un’idea geniale che puntualmente non mi viene mai e così quando finisco di scrivere sono frustrata perché il finale è la parte più importante, fateci caso, è quasi sempre quella che rimane maggiormente impressa e io tutte le volte sento che calo, che vado sui fiati, che tronco lì a caso perché mi manca sempre l’idea geniale con cui terminare e sapete cosa? Mi sa che questo post non farà eccezione.

FACEBOOK MACHT FREI

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Scrivo da un forzato esilio dal web, si perché quel siNpaticone di Zucky, l’ebreo biondo che fa impazzire il mondo, mi ha bloccato l’account su facebook, or son tre giorni. Il motivo? Sostiene che io non stia usando il mio nome anagrafico e questo vìola le normative sull’utilizzo del suddetto social network (che per inciso ho da quattro anni e non mi sono mai chiamata col mio nome vero, forse solo per un mese quando lo aprii, ma siNpatia lì si rinviene ora). E già due mesi fa non gli stava bene che mi chiamassi Rote Armee Fraktion, che vi devo dire, forse lo considerava un nome da terrorista, ora non gli sta bene nemmeno Diciassettesima. E che coglioni. E poi visto che ci siamo ora spiego a tutti quelli che mi chiedono sempre perché proprio Diciassettesima che il 17 è uno dei miei numeri preferiti (dopo il 666 naturalmente), così a pelle, e tale preferenza è aumentata ancora di più quando sono venuta a sapere il perché viene chiamato numero della sfiga (se non lo sapete fate una ricerca, io non ve lo dico perché me la voglio tirare). Vabbé, a parte la questione dei nomi (tra l’altro uno dei miei ultimi post su fb riguardava proprio il fatto che se non mi chiamassi Barbara mi sarebbe sempre piaciuto abbestia chiamarmi Francesca), scrivo da questa simbolica Ventotene dell’internet per dirvi appunto della mia cacciata da quel paradiso artificiale blu che tutti frequentiamo quasi un po’ lobotomizzati ma che del resto ci piace tanto. E insomma c’è questo piccolo particolare che oltre che a fornire nome e cognome veri dovrei anche produrre in allegato la scansione del mio documento d’identità perché Marchino proprio non ci crede a Furiosa Diciassettesima. E che coglioni, e due. Mi son presa qualche giorno sabbatico per meditarci sopra a questa cosa che mica mi convince un granché, e poi che razza di ricatto morale! Cioè va bene disintossicarsi un po’ dal web (ma avevo già cominciato da sola eliminando intanto l’applicazione sull’iphone perché avendo una ciofeca di memoria mi si era tutto impantanato con questi 4 giga e passa che prendeva la effe bianca su campo blu), però insomma quando sono gli altri a farti questo muro totale un po’ ci rimani decisamente di merda; le censure non sono mai propriamente divertenti. Primo, c’è tantissima gente che sento solo su Messanger e di conseguenza ora non la sento più; secondo non si ha più modo di reperire informazioni su eventi e posti (o almeno non in maniera rapida e sistematica) e questo secondo punto allo stato attuale delle cose m’indispone moltissimo; terzo se mi viene in mente di scrivere una stronzata qualsiasi ora non so più dove scriverla e forse non vi rendete conto ma quest’assenza, questo vuoto improvviso è croce e delizia, è una vertigine a strapiombo sulla libertà sconfinata, ma è pur sempre una vertigine. Dunque ci si sente spaesati, in balia delle onde, è una sensazione bellissima e straniante come quella di una petite mort (già, è un sacco di tempo che io e la piccola non ci frequentiamo, dovremmo riprendere sai cara?), qualcosa di terribile che come ogni terribile è morbosamente affascinante. Pensateci, non è da poco tale sudditanza psicologica, anche per motivazioni pratiche qualsivoglia, ma è comunque strategicamente vincente come LA nuova droga del millennio. Se fossi in loro eliminerei definitivamente anche i nomi e cognomi veri, dai biondino, passiamo direttamente al numero di matricola tatuato sul braccio e poi andiamo a vincere, che ne pensi? Ma a proposito di tatuaggi devo dire che me ne sono fatta uno nuovissimo e megabello in settimana da quel genio dell’inchiostro e pure mani di fata di Luca Font, venuto ospite al Peekaboo di Pistoia, o Fistoia o Tristoia, come volete voi, e che fai te lo fai mancare? Ecco quindi ho fatto questa piccola ma necessaria deviazione dall’ortodossia e mi son fatta tatuare questo cuore nero trafitto da pugnali e chiodi che quando l’ho visto finito mi veniva da piangere dalla bellezza e anche dal dolore perché l’ho voluto sulla pancia, sotto l’ombelico, una decisione non propriamente saggia o geniale, ma che volete, io di saggezza e genialità non ne capisco poi molto, come del resto di amore e socialità in genere, sennò non mi avevano esiliato dalla community. Son successe anche un altro paio di cose come ad esempio il fatto che ho ricominciato a lavorare ma non ne parliamo perché quest’anno il lavoro mi crea soltanto disagio et fastidio, parliamo semmai di teatro và, visto che sono riprese le prove del Malato Immaginario ed io ho avuto una crisi mistica sul personaggio di Angelica interpretato da me medesima che mi sta non poco sul cazzo e poi da su, proprio Angelica? Che palle Angelica, ecco l’ho detto, non ha niente di divertente e tutti che si divertono un casino in questo spettacolo ed io invece come al solito, affiliata all’afflizione. Ma ora vediamo un po’ se mi riesce partire con la scrittura di questo nuovo testo teatrale piuttosto, di cui non vi dico nulla perché è necessario riserbo e segretezza per ora, potrebbe essere una bomba e mica che le bombe si possono gettare così a caso? Ci vuole comunque una pianificazione accurata, lavorando nell’ombra, tanto più che vengo bannata da chiunque e la qualunque e in verità vi dico, cari fanZ e lettori che mi seguite sempre con amore che potreste anche linkarmi voi stavolta quest’articolo sul beneamato facebook visto che io non lo posso fare, e mi fareste davvero un piacere grandissimo, mica gliela vorrete far passare liscia così eh?
Ordunque, LINKATEMI TUTTI. Ammodo.

From The Muddy Banks of Treviso

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Non ho capito perché se uno va via qualche giorno i rientri devono essere sempre così devastanti, cioè perché, regolarmente, uno deve essere accolto continuamente da notizie di merda come un grosso WELCOME HOME, srotolato tipo striscione da curva nord direttamente al casello di Pistoia, o Fistoia o anche meglio Tristoia, palesemente a presa di culo? Qualcuno me lo spieghi perché questa cosa mi da sui nervi. Non c’è mai verso di stare tranquilli, l’impatto con la quotidiana realtà è mostruosamente così terribile ogni volta, e allora volevo cominciare in maniera molto forte con un fragoroso PORCODDIO sfogatorio. E comunque è tutto una mmerda e mai una gioia, rigorosamente, mai.
Ma io non volevo parlarvi di tristezze e lutti, volevo parlarvi di altro, di Treviso, dell’HomeFestival, di questo week end pazzo, allucinogeno e divertente, ma figuriamoci se potevo partire in maniera spedita e leggera. No cari miei, i rientri sono terribili, i rientri sono sempre tutti terribili e temo non si possa evadere da questa legge di natura. Poi mi sembra già di sentirvi, ma che palle, ora tutte le volte che te ne vai aggiro ci devi propinare una filippica sul viaggio? Eh, un po’ c’avreste anche ragione a pensarlo; io lo penserei. Ma da qui ad un po’ non penso mi muoverò poi molto, dunque non rompete il cazzo e ascoltate, che già son nervosa stamani, non vi ci mettete anche voi.
Allora su dicci, che ci sei andata a fare in questa Treviso? Bè tanti lo sanno, ma ridiciamolo che come dicevano i latini repetita juvant. C’era questo mega festival di musica, arte, mostre, performance, letteratura e molto altro e infatti l’area dov’era ubicato era molto grande, grande quasi quanto le zanzare che ci hanno accolto festanti e vampire rimandandomi a casa come una vera e propria appestata (non pungevano, mordevano direttamente, forse erano mutazioni genetiche perché al posto degli stiletti boccali avevano vere e proprie zanne). Era forse un po’ caotico, come atmosfera generale, a causa dei molteplici palchi su cui suonavano i gruppi, rigorosamente tutti in contemporanea e insomma l’effetto acustico ti prendeva un po’ a ceffoni nel viso, ma tutto sommato visto che il tema era il circo ci poteva anche stare.

Ma veniamo a noi, in occasione dei 40 anni dalla fondazione dei Ramones, l’Home ha organizzato l’evento al livello europeo in collaborazione con il museo Ramones di Berlino con un’intera area a loro dedicata, dj set e proiezioni. E infatti qui arrivo io, che in realtà una grande fan dei suddetti non sono nemmeno; ho realizzato con i Santimatti Studio che mi hanno voluta come attrice (e che già partecipavano con la loro bellissima mostra fotografica su Il Pasto Nudo di Burroughs) il video di un minuto e mezzo I ate Ramones, dove appunto ci sono io che mangio una foto dei Ramones, anzi la rifaccio, visto che è stato pensato per un montaggio al contrario. Bhè si, sono andata a prendermi il mio minuto e mezzo di gloria.
E quindi iniziamo: il pass che apre tutte le porte e le tessere annonarie del cibo e del bere; l’innato nazismo dei veneti e le squadre di polizia per qualsiasi cosa in particolare le Waffen SS della cazzo di raccolta differenziata; le crepes alla nutella dell’una di notte; lo stand Bookaniers e i quizzettoni letterari in cui ho vinto due libri (e guardate che non a caso ho beccato l’abbinamento “La morte si sconta vivendo”- Ungaretti); la bomba d’acqua di un’ora che ha allagato ogni cosa; gli Afterhours per la prima volta dal vivo, belli potenti, li ho snobbati negli ultimi anni ma mi son parsi davvero immensi, almeno le tonsille di Manuel Agnelli lo erano di sicuro; i Rumatera, una roba che se non la vedete dal vivo non ci potete credere e non in senso positivo eh; e poi, la nottata intera passata nel fango con la macchina completamente impantanata e scene da un’apocalisse che pareva di stare a Firenze nel ’66 e lo sciagurato sul trattore che a suon di diocan trascinava via dal fango questo coaugulo impazzito di autovetture intrappolate nella melma, l’omino delle foglie e il suo aplomb e gli angeli del fango che dopo due ore mi hanno spinto con non poche difficoltà e ancora i sempreverdi diocan verso l’uscita, la vittoria, la libertà; la macchina completamente ricoperta di mota e un’ora la mattina dopo per lavar via il grosso; l’albergo contiguo all’ospedale e le madonne tirate del portiere di notte quando ci ha aperto alle quattro ripresosi subito dopo il mio sguardo giannino-schiaccino dopo la nottata allucinante e senti testina di cazzo se non tu ti cheti ce n’è anche per te stanotte bada; la spaghettata e le C; Treviso carina ma non entusiasmante; le sale da tè e le librerie fotoniche; nord-est di ostentata ricchezza; banchini per raccolta firme a favore di un Veneto indipendente e lievemente nazi; Extrema e Destrage, gruppi improponibili, disagio&fastidio antiestetico; Save the Nerd; la lunga lotta per conquistare una birra; un rave; un tizio sicuramente sotto cartone, senza una scarpa e completamente innamorato di me; macchina su asfalto DAVANTI ai cancelli e ieri sera c’avete fregato ma stasera vi si va in culo portando 666 che con il nostro pass si fa le mega vipS; e poi il sole finalmente, un pranzo in centro, vinello, C e filosofia; ripartire e 45 minuti per fare il metano sull’autostrada e la morte sfiorata a Bologna; riabbracciare la mia canina caduta in depressione e poi tornare a casa.
E quindi grazie a Chiara, compagna di viaggio e di (dis)avventure, a Phil e Pel ormai megamici, e a Pina che si è data un gran da fare per noi, anche se l’ho vista poco. Il weekend è stato intenso, del resto io non mi annoio mai e forse, se mi leggete, non vi annoiate nemmeno voi.

UNHappy BIRD-day to me

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I compleanni sono difficili, e questo è subito bene metterlo in chiaro. Io odio i compleanni, in particolare il mio, lo passo quasi sempre chiusa in casa piangendo e spesso i postumi dell’alcol rafforzano questa mia depressione caspica, una vocazione al trionfo ed al pianto, perché vedete di alcol ne serve sempre molto quando si tratta di un compleanno, soprattutto il mio. Chissà perché, me lo chiedo spesso, sarà la mia naturale inclinazione allo spirito di tragedia, ecco, ma non riesco ad esultare per lo scorrere del tempo e gli insulti che mi lascia addosso sono sputi nella bocca, c’ho provato eh, ma proprio non ci riesco, il mio ideale perfetto sarebbe un tempo immoto e immobile, che faccia solo finta di scorrere ma in realtà si rapprenda e resti lì, sospeso. Il tempo è un assassino incatturabile che passa e offende, è l’aberrante tragedia dell’evidenza della cosa terribile (Marcel, mio adorato Marcel, dove sei? Mi manca leggerti). Dopo questo preambolo necessario, che molti tra voi avranno anche già sentito e risentito perché è il mio trito rosario, ecco che quest’anno andrò contro la mia natura e festeggerò questo trentunesimo genetliaco, che poi festeggiare è un parolone, diciamo che mi limiterò a non mandare affanculo chi mi farà gli auguri, cosa che faccio regolarmente di solito, ma cercherò anzi di rispondere con un timido e malfermo “grazie” e probabilmente brinderò più volte trattenendo le lacrime perché dovete capire che primo mi sto facendo violenza e secondo questo sarà un compleanno feroce, sarà un compleanno della mancanza, dell’assenza e sarà solo il primo; tutti quelli che seguiranno porteranno con sé questa ferita medicata col sale (a cui forse aggiungerò tequila e limone), un taglio rosso brillante dagli angoli piegati all’insù. Ma probabilmente proprio per questo è bene che io brindi, è opportuno che regali sorrisi compiacenti alle persone che mi penseranno, per allontanare un po’ l’abisso e la vertigine sconfinata che a lui m’attira e mi chiama; perché alla fine sapete che vi dico? Vaffanculo, me lo merito di festeggiare, o meglio di esorcizzare. Si, me lo merito perché sono stata brava, sono stata una roccia, indistruttibile e inattaccabile, con le radici ben piantate nella terra, sono stata forte come una quercia secolare, non sono sprofondata, mi sono scorticata mani e corpo ma sono rimasta in piedi, piegata dalla tempesta ma comunque in piedi. Se lo meritano le mie lacrime, tutte quelle versate, tutte quelle trattenute, in due lunghissimi anni passati all’inferno, che si sono andate a innestare nella faringe lasciandomi a volte mutilata nei suoni, incapace nel verbo, con quel groppo impossibile da mandare giù, da digerire. Si, sono stata brava, e se non me lo dite voi me lo dico da sola, che sono abbastanza fiera di me, che sono ben corazzata e per questo resisto agli urti, alle ferite, alle amputazioni, anche alle più macellaie. Sono stata brava perché non è facile conservare la sanità mentale dopo una tragedia, si è giustificati no ad impazzire un pochino? No, io non sono impazzita punto, o almeno non più di quanto non fossi prima ecco, e ora basta perché questo pezzo è venuto forse un po’ patetico e la cosa mi indispone lievemente poiché detesto il patetismo, i sospiri e la continua ostentazione del dolore privato ad ottenere compassione, sicché chiuso, fine, stop.

E quindi tanti auguri a me, tanti auguri Furiosa, happy BIRDday to me (speriamo), alla fine sono contenta di come sei anche se vai come tutte le cose di questo mondo verso la vecchiaia, il decadimento e la morte e questi anniversari ce lo ricordano di continuo, ma quest’anno mi unisco anch’io al gregge e faccio finta di no, brindo a me, brindo alla mia sanità mentale e alla mia forza e soffio fiera sulle trentuno candeline, le prime sotto il segno dell’assenza. E se qualcuno mi vede anche solo spuntare una lacrima sia clemente, non faccia polemica ma piuttosto, mi riempia il bicchiere.